Ipazia
otto
marzo - 415 d.C.
di Adriano Petta

Ipazia
Quando la
specie umana ebbe inizio tre milioni di anni fa, la prima creatura fu
donna. E d'allora in poi, ogni volta che scocca la scintilla d'una nuova
vita - e per quasi tre mesi dal concepimento -, secondo il programma scritto
nel DNA, è una donna che deve nascere. Ma spesso avviene un incidente
di percorso. E nasce un uomo (che continuerò a chiamare proprio
con l'appellativo datogli da uno degli scienziati inglesi autori della
stupefacente scoperta).
Ai primordi c'era un mondo senza armi né eserciti: un mondo in
pace in cui arti, tecnologie, l'esperienza religiosa e la medicina erano
patrimonio della donna, incarnazione dello spirito del mondo: la Grande
Madre Terra. Millenni fa le donne partorivano nei templi.
Ma ci fu l'avvento delle società guerriere: i maschi presero a
cavalcare la storia, a fare guerre. E nel V secolo a.C. i Greci emanarono
una legge: le donne erano inferiori agli uomini ed era loro proibito studiare
e praticare farmacologia e medicina, pena la morte. I Romani introdussero
invece l'uso di esporre i neonati: quando nasceva una bambina, la madre
doveva "esporla" ai piedi del letto del padre
il quale
spesso decideva che il numero delle donne nella sua famiglia stava diventando
preoccupante, destabilizzante
ed allora dava l'ordine. La madre
doveva subito immergere la bambina in una vasca piena d'acqua ed annegarla,
oppure - in mancanza del prezioso liquido - soffocarla. Per questo il
numero delle donne nell'antica Roma fu sempre molto minore di quello degli
uomini.
Con l'avvento del cristianesimo, alla donna è stato definitivamente
impedito l'accesso alla religione, alla scuola, all'arte, alla scienza.
Quando nella biblioteca d'Alessandria d'Egitto riuscì a studiare
ed insegnare una delle più grandi figure del genere umano, Ipazia
- filosofa, matematica, astronoma, medico, musicologa - dietro istigazione
di San Cirillo da una turba di monaci-assassini le vennero cavati gli
occhi quand'era ancora viva, il suo corpo scarnificato, fatto a pezzi
e poi gettato a bruciare in un inceneritore per la spazzatura. Era l'otto
marzo dell'anno 415 d.C. Vennero distrutte tutte le sue opere filosofiche
e scientifiche. Era una creatura bella come il sole. Il suo compagno di
studi nonché padre della Chiesa Sant'Agostino definiva il corpo
della donna una immondizia.
Lungo la breve storia umana, l'uomo-incidente di percorso è riuscito,
poi, a scardinare e lacerare l'equilibrio e l'armonia del pianeta: nulla
ha potuto la donna, sottomessa alla forza bruta dell'uomo. Spesso, per
sopravvivere, lei - la creatura che porta dentro, ancora integre, briciole
di natura selvaggia - è stata costretta a prostituire il proprio
corpo; se ha tentato di opporsi al mondo delle regole dell'uomo, è
stata scacciata, lapidata, bruciata viva come strega. Quando la fortuna
le ha arriso, è stata beffeggiata col millenario appellativo che
tronca ogni discorso razionale: puttana
mentre il suo compagno di
viaggio - solo per sete di potere e di dominio - prostituiva la propria
mente, l'anima.
L'uomo ha depredato ed ucciso non solo per sopravvivere, ma per il piacere
di dominare tutte le creature. E questo pianeta - ove la vita pulsa da
cinque miliardi di anni - oggi è agonizzante grazie alla sua follia
suicida. Questo nefasto incidente di percorso, proprio grazie alla sua
irrefrenabile sete di potere e di dominio, ha inventato la macchina
ma questa invenzione non sembra costituire una premessa di libertà:
con queste macchine i maschi continuano a vivisezionare il mondo e le
donne, rendendoci tutte e tutti schiavi della tecnologia, di fronte alla
quale siamo tutte e tutti prostrati. Per fortuna le donne nella solitudine
della loro reclusione mantengono vivo il legame con la tradizione e la
fisicità: il parto, il mestruo, la cura fatta di gesti quotidiani,
la preparazione del cibo, l'igiene corporeo
L'incidente di percorso
ha affinato la macchina per completare la sua opera di distruzione e di
dominio su tutte le specie viventi di questo pianeta. La donna accenna
a servirsene per liberarsi dalla forza bruta
ma, contemporaneamente,
la macchina - la rivoluzione industriale - sta favorendo il trionfo del
sistema suicida più perverso: quello capitalistico, preferito,
accettato e idolatrato dai feroci ipocriti popoli che osano addirittura
fregiarsi dell'appellativo di cristiani.
Alle pochissime donne che oggi vengono concessi alti incarichi di governo,
viene richiesta la spietatezza e la ferocia degli uomini: vengono esaminate,
selezionate e promosse solo quelle che posseggono queste caratteristiche.
In ogni settore del mondo capitalistico comandano uomini. Le donne che
vogliono accedere a posti di comando, sono costrette a rispettare le regole
dell'uomo, ad essere più spietate e disumane dell'incidente di
percorso.
L'uomo spalanca la porta degli eserciti affinché la donna sia complice
nelle guerre di aggressione e di sterminio
ma fa di tutto affinché
essa non metta piede nel mondo della scienza. L'UNESCO, dietro la richiesta
di 190 stati membri, ha dovuto creare il progetto internazionale IPAZIA
(www.womensciencenet.org
e www.arpnet.it/unesco)
che intende favorire piani scientifici al femminile nati dall'unione delle
donne di tutte le nazionalità, perché se si vuole che la
Scienza sia davvero al servizio dei reali bisogni dell'Umanità
è necessaria l'urgente realizzazione di un migliore equilibrio
nella partecipazione di entrambi i sessi alla scienza ed al suo progresso.
Attualmente nell'ambito della scienza solo il 5% delle donne sono ai vertici.
È
così che vorrei che si celebrasse questo 8 marzo: la donna che
intima all'incidente di percorso di scendere dal cavallo, di scrollarsi
di dosso dèmoni, dèi, cieli piccini e meccanismi barbarici,
la donna che monta in sella cavalcando la storia del mondo affinché
essa liberamente e senza altri compromessi riporti il genere umano sul
sentiero giusto, quello dell'evoluzione. Quanto ai maschi, che ritrovino
il contatto con la terra, che il loro piede affondi nel fango e nella
sabbia, che tendano la mano alle bambine e ai bambini del mondo, che apprendano
ad asciugare il loro nasino moccioloso quando cadono sui loro primi passi
incerti
solo così i maschi potranno recuperare il tempo perso
sui fucili, solo con la cura del più debole e il lavoro di dedizione
quotidiana alla vita propria e altrui, potranno permettere al loro cervello
di affinarsi e ramificarsi, solo così potranno raggiungere le donne
nel processo evolutivo.
È
così che vorrei che si celebrasse questo 8 marzo
per tentare
di riaccendere la brezza della speranza su questo pianeta dove ancora
oggi si continua a stuprare la donna fra le mura domestiche, a mutilarle
i genitali, a sgozzarla, a lapidarla, ad acidificarla.
A perseguitarla per il solo fatto di essere donna.
(dal romanzo "La sinfonia maledetta" di Adriano Petta)
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